mercoledì 14 aprile 2010

Il lavoro positivo - lavoro e arte

Arte e lavoro: due mondi oggi completamente distinti.

Il mondo premoderno non conosceva quello che noi oggi chiamiamo l'arte, l'artista; anche in questo caso, l'idea di un'arte rigidamente separata da tutte le altre sfere dell'agire umano sarebbe sembrata un'aberrazione.
Arte in greco si diceva techne, da cui l'odierno tecnica; lo spostamento di significato che rivela l'etimologia la dice lunga sulla fragilità dei confini che dividevano arte e lavoro.
Di questo peculiare rapporto fra le due sfere oggi noi possiamo forse recuperare un'eco in una parola ormai desueta: il mestiere.
Nella parola mestiere noi esprimiamo proprio quel lavoro che confina con l'arte; proprio del mestiere è infatti di ritenere essenziale anche il momento del lavoro, il “come”, lo stile, oltre che il prodotto finito, il “cosa”, l'opera.
Il mestiere si compiace del suo lavorare: per questo lo afferma pienamente e lo considera, come la fatica artistica, pienamente valido di per se stesso.
E' lo stile, il particolare modo di cucinare ad essere il vanto del cuoco. A questo proposito è rimasto ancora oggi il detto “questa è arte” riferito a tutte quelle opere che, pur non essendo concepite per essere arte in senso stretto ma come prodotti funzionali di un lavoro, travalicano completamente nella loro perfezione questo concetto di funzionalità per abbracciare quello di finalità intrinseca proprio delle opere d'arte.
Tutte queste modalità in cui il lavoro assumeva un valore in sé e si presentava come positivo scomparvero gradualmente nella modernità, da una parte per il processo di secolarizzazione e dall'altra per il processo della specializzazione degli ambiti, che pose fine a questo interscambio fra le sfere di lavoro, arte e religione di cui abbiamo parlato a proposito del mondo antico.
Ogni ambito venne per così dire lasciato a se stesso e nei motti “l'arte per l'arte” e “il lavoro è il lavoro” si sigillarono gli antichi confini.

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