giovedì 22 aprile 2010

La materia di una cosa

Ho nostalgia della materia delle cose.
Non si può mai trovarsi, nel mondo di oggi, faccia a faccia con la materia delle cose, perché si vive di cose già formate; l'intera nostra esistenza è qualcosa di preparato, di preventivamente trattato da altri. Tutto questo si addice a un bambino, non a un uomo adulto; l'uomo adulto è colui che tratta direttamente la materia.
La maturità infatti non è altro che il sapere della materia, che solo permette l'esistenza di una responsabilità, responso autonomo dato a una materia autonoma. La stessa possibilità di un agire storico, che oggi ci è preclusa, passa da un'appropriazione del mondo, per la quale è necessario percepire le cose nella loro eccedenza materiale.
Ma che cos'è l'eccedenza materiale, cosa si intende qui per materia delle cose?

La materia di una cosa è il suo stato originario, la sua pura esistenza. La materialità di una cosa è il modo in cui essa si offre alla nostra percezione interamente nella sua presenza fisica, nella sua opacità, nel suo primigenio eccedere ogni possibile uso, forma, interpretazione o significato.
Formare una cosa significa infatti precisamente disinnescarne l'originaria eccedenza materiale scegliendo in essa una delle infinite forme latenti, ritagliando ciò che ci interessa ed eliminando tutto il resto. La materialità di una cosa quindi coincide anche con il massimo della sua potenzialità, perché proprio quando la cosa è solo materia, può risolversi in qualsiasi forma.

L'uomo nasce in un mondo che gli viene consegnato pre-formato, preparato, nel suo aspetto materiale come nelle sue categorie concettuali.
Questa preparazione è il risultato dell'attività di formazione svolta dagli uomini venuti prima di lui.
Il grado di vitalità di una società è proporzionale alla misura in cui essa riesce ad assicurare al singolo un punto di maturazione dal quale poter foggiare a sua volta il mondo, trattare con la sua materialità.
L'uomo la deve conquistare con un duro sforzo, riesumandola come un archeologo dai numerosi strati di millenaria attività di formazione anteriore. Un esempio di questo processo è l'appropriazione del linguaggio.
Le parole e il significato delle cose vengono trasmessi nell'infanzia come qualcosa di già formato; con la crescita si fa poi esperienza di queste cose, venendo in contatto con la loro materialità. L'appropriazione delle cose nel linguaggio coincide con una sospensione della formazione trasmessa per sostituirla in un processo graduale con la propria personale formazione della materia.
Il momento di passaggio è l'adolescenza, dove questa negazione del preparato si manifesta nel distacco e nel contrasto coi genitori, contrasto con le loro idee, con le loro forme e generalmente con la loro immagine del mondo.
La propria maturità (e quindi il raggiungimento di uno stato di piena indipendenza) si può raggiungere solo mediante il contatto con l'indipendenza delle cose, con la loro materialità. Confrontandosi direttamente con l'indipendenza delle cose l'uomo conquista a sua volta l'indipendenza. Fintanto che vive in un mondo che dipende da altri, a contatto di cose che dipendono da altri, egli non può che rimanere dipendente da questi stessi altri.
Maturità quindi è la conoscenza delle cose nella loro indipendenza, al di là e prima di ogni formazione, prima del loro essere inserite in una rete di concetti, prima del loro essere lette in un certo modo.
Questo sapere dovrebbe essere il sapere insegnato dall'istruzione, ma oggi il sistema scolastico tende sempre di più a privilegiare l'insegnamento della forma delle cose all'allievo, piuttosto che l'insegnamento di come formarle da sé. La conoscenza delle cose in questo modo dipenderà sempre da altri, mai da me. Insegnare la forma delle cose qual'è stata fissata e decisa una volta per tutte nel passato, piuttosto che insegnare il formare stesso per il presente.
Ma questa concezione dell'istruzione non sorprende se si pensa che ci troviamo all'interno di un sistema capitalista che ha potenziato all'inverosimile il carattere pre-formato dell'esistenza, rendendolo totale.
Nella gabbia dorata del consumismo, anche l'adulto vive come un bambino: le cose con cui vive, le cose che consuma, tutto ciò che vede è stato preparato, dipende da qualcun'altro.
Così, anche se il sistema consumista potrebbe sembrare a prima vista una condotta di vita tipicamente materialistica, non lo è che nell'accezione volgare del termine. Infatti più di ogni altro sistema sociale il consumismo separa gli uomini dalla loro propria materialità e dalla materialità delle cose, recludendola in luoghi appositi come le fabbriche e le discariche.
Ma è la trasformazione dell'esperienza avvenuta nell'era del capitalismo che forse attesta maggiormente questa perdita di materialità, della presenza viva delle cose.
In questa esperienza ogni cosa è vissuta per così dire in trasparenza; il monopolio della visione strumentale fa sì che non si guardi più le cose, ma attraverso esse. La natura pre-trattata di questo mondo fa sì che ogni elemento di resistenza, di novità, di sorpresa, quel tanto di eccedenza presente nelle cose sia disinnescato, favorendo una rappresentazione di oggetti sempre uguali nel loro uniforme rispondere a un modello preimpostato. Per questo essi diventano interamente riducibili a dei concetti, a dei segni, tanto che con questi vengono infine integralmente sostituiti. Un mondo di sogno è la realtà, nella quale noi non siamo più in contatto diretto con le cose, ma con dei sostituti, degli avatar delle cose, con dei concetti che riducono la ricca eccedenza della realtà a un nesso nella coscienza. Ecco che il mondo consumista si è rivelato come il più immateriale dei mondi.
Solo l'esperienza del bello sfugge ancora a questa visione fuori fuoco, in quanto obbliga lo sguardo ad arrestarsi sulle cose, a non oltrepassarle, a non disperdersi sullo sfondo. Nel bello l'occhio è obbligato a soffermarsi, a considerare la cosa come intransitiva, non più transitiva.
Il bello è il resistere dell'apparenza (in quanto eccedenza, materialità dell'immagine) all'occhio, un opacità irriducibile a un concetto o a un fine estrinseco. Questa stessa resistenza è anche la sorgente del desiderio erotico, è la civetteria dell'apparire delle cose, della loro enigmatica, eccedente, pura materialità.
La materia di una cosa è quindi tutto questo: la sua indipendenza da ogni altra cosa, la sua resistenza a ogni formazione, a ogni interpretazione, la sua opacità irriducibile alla trasparenza e il suo stato di massima potenzialità perché stato originario, precedente a ogni relazione e formazione. Tutti questi aspetti sono riassunti dal termine eccedenza materiale.
Nostalgia della materia, quindi, significa nostalgia di questa eccedenza e insieme consapevolezza di trovarsi in un mondo che ci condanna a rimanere larve, uomini bambini, che non possono mai veramente raggiungere un'indipendenza.
Un sistema autonomo è un dispositivo capace di mettere nuovamente l'uomo in contatto con l'indipendenza delle cose, con la loro autonomia, con la loro materialità e nello stesso tempo con la sua propria autonomia, con la sua materialità e la sua indipendenza.
Formare le cose che mangio confrontandomi con la materialità e la resistenza della terra, capire come questa materia funziona, creare i miei attrezzi, la mia energia, la mia casa, il mio modo di vivere. Incontrare l'autonomia di altri e formare una comunità fondata sulla condivisione della materialità del vivere quotidiano, su un con-vivere che non sia più solo un uscire astratto giustificato dal pretesto della festa di turno.
Una saggezza di matrice immemorabile sentenzia che la bellezza e la felicità non vanno cercate oltre le cose. E' proprio questo il desiderio fittizio, insoddisfabile, che insinua il consumismo.
La materia delle cose è inesauribile, poiché se percepita nella sua eccedenza contiene e genera le forme e le idee, è presenza viva della realtà nella sua pienezza.
Del resto, come i bambini sanno meglio degli adulti, il tempo della felicità è il tempo che non basta a se stesso, il tempo che si eccede. E forse, nei banchetti e nelle feste davvero riusciti, la materialità trabocca dal tempo come il vino dalla coppa.

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